| recensione del film:
1980: la rivoluzione islamica in Iran, e la guerra tra Iran e Iraq, danno luogo a una crisi petrolifera che porta il mondo sull’orlo del collasso nervoso. Le potenze occidentali tentano in tutti i modi di mettere sotto controllo la situazione ed orientarla a proprio vantaggio. Per farlo si inseriscono di continuo in conflitti che non le riguardano, tentando di indirizzarne l’esito.
Uno spunto come questo potrebbe far pensare a un dramma storico-poliltico di denuncia sulla falsariga di Syriana. Invece stiamo parlando di Jason Statham, Clive Owen e Robert De Niro che passano quasi due ore a massacrare di legnate chiunque entri nell’inquadratura con loro.
La base di partenza è un romanzo firmato dall’avventuriero britannico Ranulph Fiennes (cugino degli attori Ralph e Joseph), The Feather Men, che racconta del massacro di un gruppo di soldati della S.A.S. (Special Air Service, ovvero le forze speciali inglesi) per mano di una manciata di killer professionisti, guidati dall’infallibile Danny Brice (nel film Jason Statham).
Danny, che un anno prima ha deciso di mollare tutto a causa di un lavoro finito male, deve tornare alle vecchie abitudini quando uno sceicco saudita rapisce il suo mentore (De Niro). Lo riavrà sano e salvo solo se farà fuori gli uomini che hanno ucciso i suoi tre figli in Oman, durante gli scontri tra guerriglieri comunisti e le forze del sultanato.
Brice, suo malgrado, fa quindi rientro in Inghilterra, riforma la sua vecchia squadra, e comincia a dare la caccia ai soldati, alcuni ancora in servizio. Qui però entra in campo un terzo giocatore, l’ex S.A.S. Spike (Clive Owen), che ora fa parte di una organizzazione segreta e non governativa di vigilanti. Naturalmente, non tutto è come sembra, e mentre sul campo i gregari si fanno fuori a vicenda, ai piani alti si stringono di continuo nuove alleanze.
Questo intreccio di destini è raccontato con uno stile a metà strada tra la spy story e il thriller muscolare, e infarcito di inseguimenti, esecuzioni e scontri corpo a corpo piuttosto tradizionali. Siamo lontani anni luce dagli action acrobatici, imbottiti di glamour digitale, alla Fast Five, e invece in linea con i recenti Statham movies, da The Transporter a I mercenari. Con il bonus che qui il nemico ha il volto scavato (e i baffi) di Clive Owen, e la voce dell’esperienza è quella inconfondibile di De Niro. In forma strepitosa, Bob, alle soglie dei 70, si concede almeno due sequenze d’azione da far impallidire i colleghi trentenni.
Davvero niente di nuovo sotto il sole, ma è uno di quei guilty pleasures che in molti non si vorranno perdere: la scena in cui Statham stende due tizi combattendo legato a una sedia, è già nella storia del genere.
fonte: bestmovie.it
Per vestire i panni di un criminale nel suo nuovo film, «Killer Elite», il divo si è particolarmente ispirato al costume di scena.
Clive Owen ha raccontato l'esperienza di aver interpretato un criminale nel suo ultimo film d'azione e di come portare la barba lo abbia motivato durante le riprese.
In «Killer Elite» (questo il nome della pellicola) l'attore 46enne interpreta perfettamente un «tipo cattivo», opposto a quello cui dà corpo Jason Statham.
Per Owen vestire i panni di Spike non è stata un'esperienza a una sola dimensione. La sua preoccupazione, del resto, era quella di immedesimarsi profondamente in ogni aspetto della personalità dell'uomo.
«Tutte le volte che recito una parte, non penso mai che il mio personaggio è cattivo» ha spiegato a MTV News. «Devi sempre trovare una ragione e capire perché fa quello che fa».
Basarsi sul mestiere di Spike è stato solo una parte dell'approccio del divo al personaggio. Il costume di scena è stato per esempio di estrema importanza per lui, che si è fatto particolarmente ispirare dalla barba di Spike.
«Certe persone fanno molta ricerca sui personaggi, dedicando molto tempo a questo aspetto» ha scherzato. «Io ho basato tutto su quei baffi. Dipendo da loro. Se cadono, cado anch'io».
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